Ciao a tutti! E’ già passato un mese di questo nuovo anno e spero ognuno di voi stia intraprendendo nuove avventure e superando i propri limiti.
Oggi voglio parlarvi di un limite che purtroppo ostacola la vita sociale di molte persone disabili in modo non indifferente. Inizio a parlarvi di questo raccontandovi cosa mi è successo lo scorso dicembre. Per correttezza non farò il nome dell’associazione che organizza progetti come questo, perchè non è necessario a comprendere il messaggio che voglio darvi. Questa avventura che avrei voluto intraprendere si tratta di un progetto che si svolgerà in primavera alla Sede Centrale dell’ONU di New York. La durata di questa esperienza è di una settimana, e vi parteciperanno ragazzi provenienti da tutto il mond. Nei mesi che precedono la partenza ad ogni ragazzo prescelto viene affidata una nazione, che poi nella Sede dell’ONU dovrà rappresentare. La lingua che verrà usata sarà l’inglese, in modo da riuscire a comunicare con ragazzi di tutto il mondo; verranno simulate Assemble ONU, dove ognuno dovrà esporre le esigenze, le necessità e le volontà della propria nazione, e cercare di mediare tra esse in modo da raggiungere un buon livello di cooperazione mondiale. Ovviamente sono rimasta subito meravigliata da questo progetto, e mi sono subito iscritta per concorrere alle borse di studio che avrebbero pagato una quota del viaggio (che fra aereo, pernottamenti, passa per l’ONU ed escursioni varie costa €1800). Dopo qualche giorno sono stata contattata dagli organizzatori che mi hanno fatto un colloquio telefonico per capire quali erano le mie motivazioni a partecipare ad un progetto del genere e quale fosse il mio livello di inglese. Sapendo bene che il mio inglese non è un granché mi aspettavo un esito negativo: invece pochi minuti dopo il colloquio mi è arrivata la conferma di €700 di borsa di studio. Ero contentissima per il risultato ottenuto! Da qualche giorno stavo cercando di contattare il responsabile dell’organizzazione, per capire se era in grado di offrirmi un servizio di assistenza (in quanto necessito di assistenza per le semplici azioni di vita quotidiana). Ma questa risposta è stata invece negativa; non era previsto che un disabile partecipasse a questo progetto, e per poter partecipare anch’io avrei dovuto procurarmi un’assistente e pagare un ulteriore quota di €1300 per il suo viaggio. Mettendo da parte lo sconcerto iniziale ho detto “io il massimo riesco a procurarmi un assistente, ma non posso pagare altri €1300 per il viaggio della persona che mi assista durante la settimana”. Quindi ho rinunciato.
Ora io mi chiedo “ma io non sono una ragazza giovane, volenterosa, che si applica e ha voglia di scoprire il mondo come espresso nei requisiti per partecipare al progetto?!?” Non vedo perché una persona che sta su due ruote deve essere vista diversamente da una persona che sta in piedi. Con questo io non voglio criticare l’associazione che organizza questi progetti, anzi, ammiro queste persone che danno queste opportunità ai giovani. Io critico il sistema italiano, che sbaglia ad identificare giovani disabili come persone diverse dai giovani normodotati. A queste associazioni dovrebbero essere dati dei fondi per situazioni come questa, perchè devono essere in grado di coprire spese per differenti necessità e offrire a tutti le stesse opportunità.
Questa falla riguarda anche tutte le piccole vacanze-studio che si svolgono in Europa: nessun viaggio di questo tipo è organizzato per studenti o persone disabili.
Io, in quanto sono una persona che adora viaggiare, imparare nuovi usi e costumi, e cimentarmi in una nuova lingua, mi trovo veramente in difficoltà a dover mettere da parte sempre le mie buone intenzioni.
Essere disabile significa solo avere delle necessità differenti, non implica mica un comportamento di isolamento e un atteggiamento ripugnante di fronte alla cultura. Anzi, è proprio la cultura la chiave per eliminare ogni forma di razzismo ed ampliare i nostri orizzonti, la chiave per oltrepassare i limiti.
La cultura è la chiave per oltrepassare i limiti

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